Tra gli anni ’70 e ’80 a Roma, cosi come in diverse città italiane, si formarono una serie di gruppi femministi con un forte radicamento a livello territoriale. Nei vari quartieri della città infatti, dal centro alla periferia, nacquero collettivi, redazioni di giornali, associazioni culturali, consultori autogestiti, gruppi teatrali e librerie che avevano come fil rouge la condizione della donna in una società dai tratti ancora fortemente maschilisti e patriarcali. In pochi anni videro la luce in città il Collettivo Femminista Magliana piuttosto che quello Appio Tuscolano, il Collettivo Femminista Testaccio piuttosto che quello di Casal Bruciato. I collettivi femministi per lo più si formarono nelle aree di residenza del proletariato urbano promossi da giovani donne, in buona parte studentesse universitarie militanti di sinistra. Il contesto storico-sociale che favorì, in quegli anni, l’avvento del Femminismo in Italia fu, da un lato, il clima diffuso di ribellione in senso anti-autoritario di un’intera generazione di giovani, mentre dall’altro pesarono battaglie fondamentali come quella sul divorzio, nel 1974 infatti gli italiani respinsero il referendum abrogativo della legge sul divorzio, e quella per il riconoscimento del diritto all’aborto che portò alla legge 194 del 22 maggio 1978 sull’interruzione volontaria della gravidanza.